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Lady Bird: un film per mamme di ragazze adolescenti

06.03.2021

“Lady Bird” fotografa la vita di una diciassettenne americana all’ultimo anno di liceo. Mossa dal desiderio di emanciparsi, la protagonista rinnega il proprio nome di battesimo e sceglie di farsi chiamare Lady Bird, suscitando la perplessità degli adulti che la circondano, soprattutto della madre, Marion, con cui intrattiene un rapporto sincero, ma anche piuttosto conflittuale e faticoso. Riuscirà Lady Bird a volare via, per poi tornare a essere semplicemente Christine?

La dott.ssa Giulia Belcredito condivide alcune riflessioni sulla relazione genitori-figli adolescenti a partire dal film. Molti genitori, pur sapendo affrontare in modo efficace diverse situazioni, possono accorgersi di gestire con fatica alcuni aspetti della relazione col figlio (certi comportamenti o richieste). Momenti  come questi, per quanto difficili, rappresentano un’ottima occasione per interrogarsi su di sé e condividere qualcosa di importante con i propri familiari.

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Diretto da Greta Gerwig e distribuito nel 2017, “Lady Bird” fotografa la vita di una diciassettenne americana all’ultimo anno di liceo. Mossa dal desiderio di emanciparsi, la protagonista rinnega il proprio nome di battesimo e sceglie di farsi chiamare Lady Bird, suscitando la perplessità degli adulti che la circondano, soprattutto della madre, Marion, con cui intrattiene un rapporto sincero, ma anche piuttosto conflittuale e faticoso.

Mentre Lady Bird sogna di partire dopo il diploma per frequentare l’università in una grande città lontana da casa, Marion non perde occasione per sminuire le aspirazioni della figlia, giudicandole poco realistiche alla luce di un rendimento scolastico mediocre e delle scarse risorse economiche a disposizione della famiglia. Si viene quindi a creare un conflitto apparentemente limitato a questioni pratiche, come la probabilità di ammissione ai corsi o il costo della retta universitaria, ma lo svolgersi della storia ci permette di scorgere altre motivazioni, rivelando una madre spaventata all’idea di separarsi dalla figlia e un’adolescente che fa del suo meglio per districarsi fra il desiderio di piacere alla mamma e il bisogno di crescere, diventare se stessa e riappropriarsi finalmente del proprio nome.
Il nostro cervello tiene traccia delle esperienze che attraversa. Da una certa età in poi, queste tracce possono assumere la forma di ricordi veri e propri, in cui riconosciamo un tempo, un luogo, le perso-ne coinvolte, le parole pronunciate, i pensieri e i sentimenti scaturiti da quell’attimo di storia. Ma esi-ste anche un altro tipo di memoria: fin dalle primissime fasi dello sviluppo, infatti, il cervello associa ogni esperienza alle emozioni e alle sensazioni corporee che l’accompagnano. Quando una di queste associazioni si verifica in modo regolare e continuativo, si rafforza e diventa una sorta di modello che la mente utilizza per dare significato alla realtà. Le prime relazioni di accudimento, per esempio, lasciano dentro di noi un’idea di cosa sia una relazione e di come funzioni. Successivamente, la creazione di un nuovo legame attiva in modo del tutto inconsapevole questo modello primitivo, influenzando le nostre sensazioni e le nostre aspettative rispetto a ciò che accadrà se ci avviciniamo a un’altra persona. 
Col tempo, subentrano nuove esperienze che rendono i nostri modelli sempre più ricchi e flessibili, permettendoci di rivalutare il nostro comportamento, di metterlo in discussione e di scoprire nuove modalità per esprimere un affetto, affermare un bisogno, sperimentare l’intimità o affrontare un con-flitto. Nonostante questo, può capitare di ritrovarsi ad agire in un modo che non riusciamo a modificare, anche se non ci piace, come se alcune delle nostre reazioni fossero pressoché automatiche e inevitabili. Comportamenti come questi svelano spesso la traccia impressa da esperienze del passato poco elaborate, esperienze che riaffiorano non tanto nei ricordi, quanto nei gesti che compiamo e nelle sensazioni che ci pervadono. 
Molti genitori, pur sapendo affrontare in modo efficace diverse situazioni, possono accorgersi di gestire con fatica un aspetto specifico della relazione col figlio: di fronte a un certo comportamento o una certa richiesta, per esempio, alcuni reagiscono con eccessiva rabbia, altri si spaventano, altri ancora si confondono o vengono invasi da un forte senso di angoscia. In questi casi, il messaggio che viene trasmesso all’interlocutore è che esistono temi, bisogni, desideri o paure di cui non si può parlare. Al contrario, momenti di impasse come questi, per quanto difficili, rappresentano un’ottima occasione per interrogarsi su di sé e condividere qualcosa di importante con i propri familiari. 
Marion ama moltissimo la figlia, eppure rimane arroccata nelle proprie convinzioni in modo rigido e impenetrabile, invece di rivolgere lo sguardo su di sé e domandarsi per quale motivo la partenza di Lady Bird la metta a tal punto in difficoltà; investe così tante energie nel cercare di evitare la tristezza legata a questa separazione che finisce col perdere di vista i bisogni della figlia che, nonostante tutto, continua a cercarla e a chiederle di essere ascoltata. Il rischio è quello di lasciarsi con tante parole in sospeso, tanti timori non dissipati e tanto affetto non espresso, ma proprio all’interno di questo faticoso conflitto emerge la figura di un padre che, pur con le sue fragilità, giocherà un ruolo fondamentale nella tutela delle relazioni familiari, senza per questo rinunciare a sostenere e incorag-giare l’autodeterminazione dei figli.
Riuscirà Lady Bird a volare via, per poi tornare a essere semplicemente Christine?

 

Giulia Belcredito, psicologa psicoterapeuta
 

Chi siamo

Il Centro di Psicologia di Gessate è una realtà di professionisti, fondata dalla dott.ssa Giulia Cavalli, che ha come obiettivo il sostegno e la formazione. Ci rivolgiamo ad ogni fascia di età (bambini, adolescenti, giovani, adulti, anziani, coppie, famiglie).