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"Coraline e la porta magica": un film da vedere con i figli

10.10.2020

“Coraline e la porta magica” è un film d’animazione del 2009, tratto dal celebre romanzo per ragazzi di Neil Gaiman. Cosa può comunicarci e perché vederlo con i figli? Ce ne parla la dott.ssa Giulia Belcredito, psicologa psicoterapeuta ( dell'adulto e del bambino). Il film ci parla di genitori che disattendono le aspettative dei figli, di figli che cercano un'eterna gratificazione (che si rivela non autentica e non vitale), di mancate sintonizzazioni tra genitori e figli (che sono assolutamente normali e aprono al nuovo e alla vita) e ci mostra come la possibilità di "riparare" la non sintonizzazione sia un processo che consente di vivere gli spazi reali e vitali, che - per quanto talvolta deludenti - non possono essere sostitui con universi virtuali, identità fittizie e gratificazioni illusorie. 

 

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“Coraline e la porta magica” è un film d’animazione del 2009, tratto dal celebre romanzo per ragazzi di Neil Gaiman. Coraline è una bambina di 11 anni, alle prese con un recente trasloco che l’ha allontanata dagli amici e dai luoghi familiari, per confinarla alla Pink House, una vecchia casa isolata, trasandata e abitata da inquilini stravaganti. I suoi genitori, per quanto amorevoli, appaiono assorbiti dal lavoro e dalle incombenze quotidiane, poco disposti a farsi coinvolgere dai tentativi della figlia di attirare la loro attenzione. Nei momenti di solitudine e di noia, Coraline esplora i dintorni, inventa giochi nuovi, s’imbatte negli altri curiosi affittuari della villa e stringe amicizia con un bambino che abita poco lontano; tuttavia, continua a percepire i propri genitori più distanti di quanto desidererebbe, sentendosi sempre più sconfortata e amareggiata.

Una notte, Coraline trova un modo per accedere magicamente a un mondo parallelo, in cui tutto appare più bello: la Pink House non ha più l’aspetto di una catapecchia, ma quello di una splendida dimora, nel giardino le sterpaglie hanno lasciato il posto a un tripudio di fiori colorati e la sua cameretta, da spoglia e improvvisata, si è trasformata in un rifugio confortevole, ricolmo di giocattoli. In questa nuova casa, Coraline trova anche un’altra mamma e un altro papà: due genitori che sembrano sempre felici di vederla e le offrono ciò che desidera prima ancora che lo debba chiedere. Questi altri genitori assomigliano molto a quelli di Coraline, se non fosse che al posto degli occhi hanno due bottoni cuciti sul volto, proprio come quelli delle bambole. Ed è questo che sono: fantocci creati da un’entità malvagia per dare forma ai desideri dei bambini, nel tentativo di irretirli e sottrarli al mondo reale. Il prezzo che viene chiesto a Coraline per appartenere a questa dimensione di eterna gratificazione, infatti, consiste nel rinunciare ai propri occhi, accettando di sostituirli con i bottoni e diventando essa stessa una bambola, un pupazzo che assomiglia a una bambina vera, ma non lo è. Coraline si trova così a dover scegliere fra un mondo reale, ma imperfetto e un mondo ideale, ma fittizio.

Fin dai primi scambi tra un neonato e un genitore, è possibile osservare una tendenza innata a comunicare e condividere diversi stati affettivi ed emotivi. Quando il neonato sorride, il genitore riconosce uno stato di benessere e sorride a propria volta; quando il neonato piange, il genitore coglie un segnale di bisogno e risponde mettendo in atto dei comportamenti finalizzati a diminuire il disagio. Questa capacità di riconoscere la condizione emotiva dell’altro e di rispondervi in modo coerente e adeguato, viene chiamata sintonizzazione. Quando un genitore agisce in modo sintonizzato, implicitamente dimostra al bambino che gli adulti sanno cogliere i movimenti che avvengono nel suo mondo interiore, sono in grado di attribuirvi un significato o di individuarne una causa e, infine, possono reagire in modo da aumentare o diminuire l’intensità di quella sensazione. Col tempo, il bambino apprende dal genitore e diventa sempre più competente nel dare un nome a ciò che sente e nel ricercare strategie efficaci per farvi fronte.

Esperienze di sintonizzazione efficace sono fondamentali all’interno di un percorso di sviluppo orientato al benessere del bambino; tuttavia, per quanto ci si sforzi di essere attenti e disponibili, non è possibile mantenersi costantemente sintonizzati, poiché nella vita di tutti i giorni, inevitabilmente, subentrano preoccupazioni, fatiche, momenti di sofferenza ed esigenze personali che assorbono le energie di un genitore, anche a discapito dell’attenzione che in quel momento potrebbe essere rivolta ai propri figli. Cosa accade, quindi, quando la sintonizzazione viene meno e si creano delle falle nel processo comunicativo fra genitori e figli? Coraline ci mostra come episodi di rottura temporanea e sporadica nel contatto con i propri genitori possano costituire un’occasione insostituibile di apprendimento: quando il bambino percepisce una mancanza di disponibilità da parte dell’adulto, si trova a dover fare i conti con una realtà deludente e questo certamente può suscitare sentimenti spiacevoli; tuttavia, questo stato di frustrazione, se contenuto e limitato nel tempo, permette al bambino di realizzare nuovi aspetti del genitore, ottenendone un’immagine più ricca, complessa e realistica. Come accade a Coraline, inoltre, quando il bambino scopre di non poter ottenere tutto ciò di cui ha bisogno all’interno delle mura domestiche, riceve una spinta vitale verso l’esterno, verso un mondo da esplorare e la creazione di nuove relazioni.

Rendersi conto di aver disatteso le aspettative del proprio figlio rappresenta un’esperienza avvilente anche per i genitori che possono sperimentare sentimenti di colpa, disvalore o inefficienza. Proprio per questo, è importante avere in mente che le rotture della sintonizzazione fanno necessariamente parte delle relazioni e, quando si verificano, possono essere riconosciute, affrontate e riparate: dopo un conflitto o un momento di disattenzione, infatti, il genitore può aiutare il bambino a comprendere ciò che è accaduto, attribuendo un significato al proprio comportamento, creando una narrazione degli eventi, accogliendo le emozioni che ne sono derivate e offrendo un nuovo momento di vicinanza e condivisione.

Se il bambino impara a credere nella possibilità di una riparazione, sentirà che il mondo e le relazioni reali, per quanto talvolta deludenti, rimangono spazi vitali e irrinunciabili che non possono essere sostituiti con universi virtuali, identità fittizie, gratificazioni illusorie e relazioni povere di autenticità.

Chi siamo

Il Centro di Psicologia di Gessate è una realtà di professionisti, fondata dalla dott.ssa Giulia Cavalli, che ha come obiettivo il sostegno e la formazione. Ci rivolgiamo ad ogni fascia di età (bambini, adolescenti, giovani, adulti, anziani, coppie, famiglie).